mercoledì 25 febbraio 2009
Ditemi che è uno scherzo
martedì 24 febbraio 2009
domenica 22 febbraio 2009
Meditazione della domenica
giovedì 19 febbraio 2009
Lars Vogt al Salone Estense di Varese
Le mie perplessità sono cominciate con il primo dei Drei Klavierstücke D946 dove mi aspettavo un’esecuzione cristallina e dove ho notato subito, invece, un uso improprio, eccessivo, del rubato. Il peggio, inevitabilmente, si è scatenato con la Sonata in Si minore di Liszt. Chiunque abbia un minimo di dimestichezza con il grande repertorio pianistico ottocentesco sa che si tratta di una composizione che sfugge a qualsiasi definizione: un’opera di estrema complessità intellettuale, oltre che tecnica, caratterizzata da un’architettura precisa e spiazzante al tempo stesso. La capacità di governare sapientemente tutto quel materiale in ebollizione è esattamente ciò che fa la differenza fra un pianista (che deve essere necessariamente bravo) e il vero interprete dell’opera. Dico subito che il mio riferimento – invariato dal 1992 – per la Sonata di Liszt è Krysztian Zimerman: a mio avviso nessuno raggiunge la sua pulizia e il suo rigore, nessuno come lui sa dominare l’impeto romantico senza suonare troppo freddamente cerebrale. Con Liszt il rischio di debordare nel gigantismo, nel fortissimo-a-impatto-sicuro-sul-pubblico, è sempre a portata di dita. Vogt è certo un ottimo pianista, un musicista generoso e appassionato, tuttavia l’impressione generale è che il repertorio romantico non gli sia del tutto congeniale: ascoltandolo, si ha quasi la sensazione che si lasci sopraffare dalle emozioni, senza riuscire perciò a metterle al servizio della musica. Non a caso eseguendo l’encore –Mozart: il secondo movimento della Sonata in Do– Vogt si è rivelato impeccabile, pulito e misurato.
Fuori dai confini del periodo classico o dei rigori modernisti, le esecuzioni di Vogt restano semplicemente in superficie. Il corto circuito espressivo fra dita e cuore scatta quando la musica non nasce dalla testa.
lunedì 16 febbraio 2009
Per chi ancora non ha capito perchè mi sono messa a studiare il tedesco ("..alla tua età, che tanto se non lo usi per lavoro a cosa ti serve?")
(da "L'eleganza del riccio" di Muriel Barbery, edizioni e/o, traduzione di Emanuelle Caillat.)
venerdì 13 febbraio 2009
Tre passi nel delirio
Sarà pure un sintomo di insanità mentale, resta il fatto che ai miei personaggi io resto incollata a lungo. Figurarsi che penso ancora con affetto (in qualche caso non privo di sconcerto) ai protagonisti delle storie che scrivevo da bambina.
Sono Harry e Laura i personaggi che ho allontanato più in fretta, quelli che considero con maggior freddezza, come estranei che hanno attraversato rapidamente la mia vita.
Ma Steven e Alex in questo momento mi mancano da morire. Stamattina mi sentivo come un regista frustrato che si riguarda tutti gli spezzoni scartati in fase di montaggio: esaminavo quei preziosi cascami di storia, quei frammenti noti a me sola. Apparentemente intenta alle inutili scartoffie dell'ufficio, ero in realtà rannicchiata nella mia soffitta ad osservare Alex che si rifugiava in un bar dalle parti di Ladbroke Grove. Quello che era successo poco prima tra lui e Steven non posso e non voglio dirlo, è un segreto tra me e loro, del resto è qualcosa che non interesserebbe a nessuno.
Sarà che Steven e Alex li ho amati ferocemente come figli, sarà che in questo momento non ho loro notizie. Li ho lasciati nel limbo oscuro della revisione, li sento come figli in affido. Perché non me li restituiscono? Non ero forse una buona madre? “They are taking her children away…” e il cuore mi si scioglie di nuovo tra rimpianti e nostalgie.
Mi chiedo quando ritorneranno a casa le mie creature, quando ritorneranno da me. Se avranno la faccia sconosciuta di un figlio che è stato a lungo con estranei, un figlio che ritorna da una lunga vacanza all’estero. Qualunque cosa accada, qualunque cosa vi dicano, figli miei, chiunque abbiate incontrato, chiunque incontrerete, sappiate per certo che nessuno potrà mai amarvi come vi ho amati io. Siete stati voi a riempire di senso questi ultimi due anni della mia vita e, in qualche modo, ancora lo state facendo. Nessuno mi ha mai dato la felicità che mi avete dato voi.
P.S. Lo so, il contenuto di questo post non interesserà a nessuno. Ma a volte scrivere aiuta a illudersi che la follia sia sotto controllo.
mercoledì 11 febbraio 2009
Sottoscrivo
La "cattiveria", invocata dal ministro Maroni, è diventata politica di Governo, trasformata in legge. Così, questo Paese, già abbastanza "cattivo" con i più deboli, lo diventerà ancora di più: si è varcato il limite che distingue il rigore della legge dall’accanimento persecutorio. Il ricatto della Lega, di cui sono succubi maggioranza e presidente del Consiglio, mette a rischio lo Stato di diritto. La fantasia del "cattivismo" padano fa strame dei diritti di uomini, donne e bambini venuti nel nostro Paese in fuga da fame, guerre, carestie, in attesa di un permesso di soggiorno (a margine: che credibilità ha il progetto di un’Italia federalista in mano alla Lega?).
Eppure, nessuna indignazione da parte dei cattolici della maggioranza, nessun sussulto di dignità in nome del Vangelo: peccano di omissione e continuano a ingoiare "rospi" padani senza battere ciglio, ignari della dottrina sociale della Chiesa. La sicurezza è solo un alibi per norme inutili e dannose, per scaricare il malessere del Paese sugli immigrati, capro espiatorio della crisi.[...]
L’ignobile "cattivismo" leghista ha fatto scattare la maggioranza sull’attenti e oggi il Paese adotta un diritto speciale (indegno di una democrazia) che discrimina tra cittadini (gli italiani) e non-cittadini (gli extracomunitari). La Chiesa non ci sta; gli Ordini dei medici protestano e fanno sapere che non faranno i delatori; la Polizia, delegittimata, non accetta il Far west delle ronde e della giustizia "fai da te": «Quel provvedimento», dicono, «rischia di legittimare azioni incontrollabili di squadracce di esaltati».
La Lega, invece, esulta. Finalmente, il "bastone padano", evocato da Borghezio nel 1999, oggi è strumento d’ordine autorizzato dal Parlamento. Allora in molti sorridevano e liquidavano i desideri dei "volontari verdi" come chiacchiere. Appunto, da osteria. Le cose, purtroppo, sono andate diversamente."
Qui il resto dell'articolo sul quale, in qualche punto, ho più di una perplessità. Ma gli stralci che ho riportato li sottoscrivo in toto.
Abbiamo tutti un blues da piangere - 2
martedì 10 febbraio 2009
Abbiamo tutti un blues da piangere*
*Perigeo, 1973
domenica 8 febbraio 2009
Brutta notizia
sabato 7 febbraio 2009
Altri segni di degrado
Dice:"Eh ma la pioggia, la neve..."
Dico: a 5 chilometri da qui, oltre il confine svizzero, piove e nevica con la stessa intensità eppure le strade sono impeccabili. Perchè dobbiamo sempre ripeterci le stesse cose che sono sotto gli occhi di tutti?
mercoledì 4 febbraio 2009
Uno spettro si aggira per l'Europa...
"Negli anni sessanta i professori di economia e i tecnocrati si riempivano la bocca dei circoli virtuosi della crescita.[...]A conti fatti, i circoli virtuosi si sono rivelati piuttosto perversi da molti punti di vista. Lo sconvolgimento climatico che ci minaccia oggi è il frutto delle nostre follie di ieri. Da parte sua, la grande trasformazione necessaria per la costruzione di una società autonoma di decrescita può essere rappresentata come l'articolazione di otto cambiamenti interdipendenti che si rafforzano reciprocamente. Si può sintetizzare l'insieme di questi cambiamenti in un circolo virtuoso di otto R: rivalutare, riconcettualizzare, ristrutturare, ridistribuire, rilocalizzare, ridurre, riutilizzare, riciclare. Questi otto obiettivi interdipendenti possono innescare un processo di decrescita serena, conviviale e sostenibile."
Serge Latouche da "Breve trattato sulla decrescita serena", Bollati Boringhieri 2008 (traduzione di Fabrizio Grillenzoni)