lunedì 4 maggio 2009

Dark inside

Il concertino punk nella caverna buia che faceva tanto Londra-anni-’70 non è stato affatto male: la band era agguerrita al punto giusto ed è stato un ripassino interessante, insomma, tanto più che fa sempre piacere vedere degli energici rocker attempati in azione.
Il lato dolente della faccenda è stato tirare quasi mattina in un locale affumicato e affollato per lo più di ventenni in presunto gran spolvero dark. Ora, è proprio questo il punto. Pare che il dark stia ritornando di moda fra i ventenni, il che, secondo la logica storica dei corsi e ricorsi, non fa una piega; anche la mia amica bolognese mi ha confermato che alla piazzola, cioè al mercato che si svolge ogni venerdì e sabato, sono ricomparsi gli stand (pardon, i banchétti) specializzati in chincaglierie gotiche. Ho avuto anch’io il mio bel periodo in cui per uscire di casa mi ci volevano due ore di trucco, cotonatura e vestizione (e mai senza guanti, di cui avevo un campionario invidiabile per tutte le stagioni) ma la divisa esprimeva una filosofia di vita, un’attitudine, un lamento. E, soprattutto, la divisa non era volgare. Poteva essere eccessiva, magari, ma mai scollacciata. Il nero d’ordinanza io lo portavo sempre, giorno e notte, ai concerti come all’università.
L’altra notte mi sono trovata invece a contendere i pochi sgabelli liberi con ragazzine che si erano cambiate (cioè spogliate) in macchina, presumibilmente di nascosto dai genitori: l’esposizione delle gambe inguainate in calza a rete era la regola, direi che l’esposizione di quanta più carne possibile era la regola. Ora, non è che io sia propriamente una bacchettona, intendiamoci; ma non so immaginare niente di più grottesco che ascoltare i Joy Division avendo sotto gli occhi una schiera di creature in dresscode burlesque/bordello. Che cos’hanno a che vedere queste scollatissime, attillatissime ragazze seminude, pensavo, con l’orrore per la carne di Pornography, con l’erotismo decadente dei Depeche Mode o di Siouxsie o ancora con l’ansia di trascendenza che si liberava a metà anni ’80 da tanta produzione 4AD?
Insomma ho fatto le tre sbadigliando, contemplando annoiata i numeri da circo che mi sfilavano davanti, sperando solo che il nuovo giorno mi restituisse la mia banale voglia di godere degli incanti cittadini.
L’indomani, passeggiando sotto le snelle navate della Basilica di San Petronio, al sicuro nelle umide cripte a incastro in Santo Stefano, ho finalmente ritrovato le mie coordinate.
I miei personali codici etici ed estetici, richiamati da tanta semplice, austera bellezza, si sono automaticamente ricomposti. Ripensavo la voce di Ian Curtis, l'algida purezza dei sintetizzatori in Atmosphere, la stanchezza, la disillusione, il bisogno di assoluto...
Di sicuro, l’altra notte, al Covo ad ascoltare i Joy Division non ero io quella fuori posto.

2 commenti:

Marni ha detto...

...bellissima descrizione della serata!! e poi che onore, essere menzionata qui.. "l'amica bolognese"! mi ha fatto uno strano effetto.. molto piacevole!
Invece riguardo alle ragazzette "neo-dark", come ne avevamo già parlato, condivido il tuo pensiero... che tristezza.

rose ha detto...

come aderisco emotivamente a questo post, sarà un fatto generazionale :o)