domenica 3 maggio 2009

...ovvero la realtà supera sempre la fantasia


"Entriamo finalmente in città e io mi sforzo di ripercorrere gli avvenimenti della notte scorsa per recuperare un po’ di lucidità e mettere ordine nel presente. Brian ed Eric sono vittime conclamate dei festeggiamenti che si sono protratti oltre l’alba, mentre Alex ed io non dormiamo da due giorni. Gordon continua ad assisterci eroicamente. Ho un ricordo piuttosto confuso del dopo concerto: il ristorante vegetariano e la tavolata notturna nella veranda aperta su un giardino misterioso, poi vini straordinari e un’ampia scelta di caramelle magiche. Quello che mi sfugge del tutto, e che invece dovrei assolutamente ricordare, è il nome della ragazza che ci sta aspettando, da qualche parte, in qualche antico palazzo, mi è stato detto, in uno dei vicoli assolati che comincio a intravedere.
“Centro storico” dichiara Flavio infilando repentinamente l’auto nell’unico parcheggio disponibile “Da qui in poi meglio andare a piedi, visto che non abbiamo la bicicletta.”
Muoviamo finalmente i primi passi sulle pietre bianche di sole, circondati da un incanto che mi stordisce. Realizzo a un tratto che Alex deve avere un mal di testa accecante e nonostante lui neghi qualsiasi malessere ho il terrore che possa svenire da un momento all’altro. Non so resistere alla tentazione di passargli un braccio attorno alle spalle e lui mi cinge la vita, la sua testa contro la mia, e così avvinghiati proseguiamo come pellegrini in un deserto sconosciuto. Ho all’improvviso una visione istantanea ma nitidissima della mia Londra e dei suoi marciapiedi umidi e affollati, e il mio cuore, per un attimo, si allaga di nostalgia.
A un tratto la nostra guida imbocca un androne freddo d’ombra e ci comunica che siamo arrivati.
“Marika sta difendendo questo posto con i denti” spiega Flavio introducendoci nel cortile “ma entro la fine del mese se ne dovranno andare tutti. La polizia li ha già fatti sgomberare più di una volta ma loro sono sempre riusciti a ritornare”
“Cosa ne vogliono fare?” Alex si leva gli occhiali da sole e il suo sguardo percorre meravigliato il cortile intero, invaso da un’avida vegetazione selvaggia, e lo stupefacente edificio dalla superficie increspata di verde: tra l’edera fitta di secoli si scorgono i buchi neri delle finestre e un lungo ballatoio carico di vasi fioriti.
Un soffio gelido mi sfiora all'improvviso e io capisco che Alex non è più al mio fianco: si è staccato dal gruppo ed è finito in un angolo del cortile dove, tra sterpaglie d’ogni sorta, si è perso in contemplazione di una enorme statua, una figura mitologica massiccia, gigantesca, il viso arcigno e inquietante sormontato da due brevi corna.
“Secondo te che roba è?” mi domanda non appena lo raggiungo e subito sento il bisogno di circondargli le spalle con un braccio.
Flavio e Gordon si sono già avviati verso l’antro di ingresso del palazzo dove spicca un’assurda targa di lucidissimo ottone, in aperto contrasto con l’aspetto decadente dell’edificio: non posso credere che questa sia la sede di una organizzazione statale, eppure la bandierina smaltata che sventola immobile in un angolo della placca non lascia supporre altro.
Iniziamo la scalata agli ampi gradini settecenteschi e sul primo pianerottolo ci investe il gesto minaccioso di una statua quasi identica a quella scoperta da Alex tra le erbacce; a fianco del gigante, da una porticina di legno a due stretti battenti sbuca un sacco della spazzatura seguito da un’esile ragazza bionda."

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