Oggi consueta ascesa di fine anno al Sacro Monte di Varese. È un luogo che mi piace, e continuo a pensare che se proprio il destino mi impedirà di lasciare questo paese, arroccarsi nel borgo di Santa Maria del Monte potrebbe essere il modo meno doloroso di sopravvivere. Certo la vista dell'anemico lago è tutt'altro che rigenerante. È piuttosto il silenzio a farmi bene. Quel che cerco è un luogo di pace, insomma, senza ritmi stringenti, senza presenze sgradite.
Oggi le sorgenti erano tutte attive e, lungo la via sacra, il ghiaccio resisteva solo in alcuni tratti trascurati dal sole. Il cielo era perfetto e la stazione fulmini del Campo dei Fiori, insolito castello liberty, offriva al sole le sue guglie scintillanti. Sulla terrazza antistante il borgo un coro si esibiva nel tipico repertorio di canti di montagna. Nonostante i pentoloni di vin brulè e i generosi abbracci del sole, il ghiaccio sulla terrazza non ha acconsentito al benché minimo scioglimento.
Dopo un caffè ristoratore, agile discesa in città dove abbiamo fatta tappa presso la solita pizzeria. Lì siamo incappati in un matrimonio albanese. Signore in stivali color panna, signori in abiti scuri e camicie bianche dai colli allargati sopra i gilè; poche le cravatte, in compenso molte le sigarette ancora integre comodamente adagiate sopra l'orecchio come la matita del pizzicagnolo della mia infanzia. Musiche arabeggianti sostenute da fiati inconfondibilmente balcanici. Con buona pace dei leghisti, l'abbiamo trovata una cosa molto divertente.
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