martedì 10 febbraio 2009

Abbiamo tutti un blues da piangere*

Perchè i Marlene Kuntz hanno deciso di affliggerci con la loro inutile cover di "Impressioni di settembre" della PFM? E' lecito supporre che siano state ragioni affettive a motivare la scelta; certo è normale, abbiamo tutti la nostra musica del cuore, abbiamo tutti messo un pezzo della nostra vita in una qualche canzone di una vita fa, abbiamo tutti il nostro blues da piangere, insomma. Ma una cosa è cantare un brano che ci piace molto (cosa che più o meno sappiamo fare tutti), altro invece è decidere di eseguire una cover. Una cover richiede un preciso senso di responsabilità da parte dell'interprete: si tratta di reinterpretare un brano, riviverlo e farlo rivivere perchè attraverso quel brano si ha voglia di dire qualcosa di nuovo. Riproporre semplicemente un pezzo aggiungendo qualche sgraziato vocalizzo in coda o gravando di intensità un verso qua e là in un inutile sforzo di personalizzazione, conduce solo a risultati patetici.

*Perigeo, 1973

3 commenti:

Anonimo ha detto...

due considerazioni. La prima di carattere storico: non ho tempo per afre una ricerca, ma sei sicura che "Abbiamo tutti.." sia del 73? Credo almeno un apio d'anni dopo. Se avessi ragione tu , come probabile, salta fuori la seconda considerazione: la migliore musica italiana eè tutta in qulal decina di mesi lì, dal 72 al ( massimo) 76 . Che pena, che nostalgia ! (anche se qui siamo già un pelo oltre...)

Anonimo ha detto...

ooopss ... la fretta mi ha fatto fare un sacco di errori di digitazione: mi scuso e ti prego, se puoi di coReGerli

Anonimo ha detto...

Sì, "Abbiamo tutti un blues da piangere" fu inciso e pubblicato alla fine del '73; va da sè che il suo periodo di circolazione fu il 1974. E poi a quel tempo i dischi "duravano"...non venivano bruciati commercialmente nel giro di un mese. Effettivamente quella manciata di anni - diciamo fra '72 e '78 - è densissima di avvenimenti musicalmente irripetibili. "Che pena, che nostalgia" viene da una coda di quel flusso creativo, uno degli ultimi sussulti di genio di qualcuno che si è perso per strada molto tempo fa.