E’ ancora da vedere se Bruxelles metterà o meno i bastoni fra le ruote a Sarkozy e, quand’anche la legge dovesse essere applicata, resterebbe da valutarne l’efficacia. L’unica obiezione che mi sento di sollevare contro questo provvedimento riguarda la sua effettiva applicabilità: mi chiedo cioè se non sia già pronto un escamotage informatico che permetta di aggirare controlli e sanzioni.
Ciò premesso devo dire che trovo un po’ irritante l’atteggiamento di chi si oppone all’ Hadopi in quanto “legge liberticida”: definire liberticida un provvedimento che ha lo scopo di tutelare la proprietà – anche se intellettuale, dunque intangibile, sempre di proprietà si tratta – equivale a rivendicare il diritto al furto. O vogliamo metterci comodi e rivedere alla radice il concetto di proprietà?
Perché mi pare che, alla fine, il nocciolo della questione sia proprio questo: non è il concetto di proprietà a vacillare; è piuttosto il valore della proprietà ad essere soggetto a delle variabili e, nel caso della proprietà intellettuale, per il sentire comune, il valore è ormai crollato vertiginosamente a zero.
“Che cosa faccio di male se scarico i cartoni animati per mia figlia?” chiede il collega che subito si autoassolve “Sono solo cartoni animati, c****, non dovrò mica andarmeli a comprare, no?”
Sono solo cartoni animati, è roba per bambini, roba di nessun valore, insomma. Anche un passeggino è roba per bambini: sono dunque autorizzata a sottrarre al collega il passeggino della figlia senza il suo consenso?
Il concetto di base è che il cartone animato è sempre e comunque qualcosa di frivolo. Al collega non passa nemmeno per la testa che il cartone animato possa avere un valore educativo, che in ogni caso sia il frutto di un lungo lavoro di più persone. Non ha nessuna importanza che all’origine di quel cartone animato ci sia un’idea e lo sforzo di riprodurla, tradurla in immagini, suoni, parole.
Dovrei forse ritenere meno colpevole l’altra collega, quella che scarica le composizioni di Beethoven che la figlia ha studiato a scuola con la scusa che tanto in questo caso parlare di diritto d’autore non ha più senso? Niente affatto, io vedo il reato anche qui. In questo caso il furto avviene ai danni dell’industria discografica e di chi ci lavora. Non solo: in automatico la collega trasmette alla figlia un messaggio disastroso. Tanto per cominciare la collega non insegna alla figlia a frequentare i negozi di dischi contribuendo così a radicare ed estendere la crisi del commercio discografico; inoltre - ciò che è più grave - veicola nella mente della bimba il concetto che la musica non merita lo sforzo di un acquisto e non intendo solo lo sforzo economico. Si dà per scontato che l’impegno di prendere la macchina, andare in centro, parcheggiare e raggiungere il negozio a piedi sia destinato all’acquisto di un paio di scarpe, di un qualsiasi capo d’abbigliamento ma non certo alla ricerca di un cd. E’ molto banalmente così, attraverso le scelte di ogni giorno che si insegna ai bambini il valore delle cose, o meglio si trasmette loro una scala di valori. Ciò che si deposita nella testa di un bambino è che la musica è un oggetto di consumo che vale infinitamente meno di un paio di infradito. La musica resta per i bambini di oggi un concetto molto astratto, relegato sempre e comunque all’ambito del superfluo. Conosco ragazzini che stentano a crederti quando gli dici che esistono negozi dove puoi comprare i cd di questo o dell’altro artista, e se gli metti in mano un compact disc corredato di copertina originale, libretto, foto, testi, commenti, se lo rigirano tra le mani quasi per capire dove stia l’inganno.
Mi causa non poco turbamento sapere che, incidentalmente, ho incrociato una rotta filogovernativa. Ma ad essere in gioco qui, al di là di qualsiasi schieramento politico è il valore della creatività.
Sarò anche – in questo caso - conservatrice, ma quello che penso è che chi vive della propria creatività debba essere difeso.
Se una legge come l'Hadopi serve allo scopo io sono favorevole, senza mezzi termini.
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