lunedì 7 settembre 2009

La sindrome del cassintegrato


Diciamolo chiaramente: a noi cassintegrati la Febbre Suina ci fa un baffo. A me, poi, mi fa anche meno. Proprio l’altro giorno ho tirato giù dalla mensola lo scafandro della foto: dopo averlo utilizzato con successo ai tempi dell’Aviaria, l’avevo riposto laggiù in un angolo della soffitta insieme al necessario per potenziarne l’efficacia. Il lungo nasone è già stato stipato di pezze impregnate di aceto e olio essenziale di melaleuca: una barriera che nessun miasma pestifero potrebbe mai superare.
Quanto ai lazzaretti – sì, proprio quelli di manzoniana memoria - li ho ispezionati tutti di recente e posso garantire che, dal Canton Uri alla Valle Olona, non ce n’è uno che non mi ispiri piena fiducia. Contro la Suina sono attrezzata, insomma.
Ma contro la Sindrome del Cassintegrato non c'è scafandro che tenga.
Sembra che non esista rimedio per quell'apatia che ti assale nelle ore insolitamente libere dal lavoro. La casa ha un'atmosfera ambigua nei pomeriggi di riposo forzato. La lista delle cose che uno potrebbe fare in alternativa al lavoro è interminabile, ma i progetti restano tutti lì accatastati uno sopra l'altro, intonsi come la pila di libri nuovi che non vien neanche voglia di attaccare perché dopo tre righe la concentrazione se ne va per fatti suoi (di solito torna nell'ufficio deserto).
Senso di inutilità. Identità smarrita. Un sottofondo costante di amarezza che ha l'odore del fallimento. È tale il torpore che neanche ti vien voglia di sequestrare un dirigente. Per carità, un pensierino ce lo fai anche quando li vedi che si siedono al tuo tavolo a fare il tuo lavoro dopo averti mandato a casa in cassa, però poi prevale lo sfinimento, o meglio, l'assuefazione allo sfruttamento, alla dignità calpestata. Ti senti né più né meno come una sedia pieghevole che quando non serve la ricompatti e la infili in qualche anfratto oscuro.
Sì perché per di più a noi lebbrosi di nuova generazione ci hanno resi invisibili. Non vogliono che suoniamo il campanaccio, che avvisiamo del nostro arrivo, niente rumore per carità!, non infrangete il sogno perennne - ci viene chiesto - non infrangete l'eterna giovinezza, la spensieratezza, l'infinita catena dello shopping-dunque-esisto, comprate, comprate, mimetizzatevi, siate camaleonticamente identici agli arricchiti, alzate il bavero della Lacoste lilla e ciabattate sicuri di aperitivo in aperitivo...
Mi sa che sono proprio un caso grave se la prospettiva di una domenica in un qualche ipermegasuper centro commerciale non riesce a iniettarmi fiducia nel futuro. Posso solo sperare nella nuova edizione del Grande Fratello.
O se è vero - per tornare in tema manzoniano - che la c'è la provvidenza, non resta che attendere il miracolo.

2 commenti:

River Man ha detto...

"Brutto vivere nel terrore, vero? ...Niente è peggiore di avere una vita che non è una vita!
che non è una mostruosamente indelicata canzonatura ma la citazione che sempre più spesso mi viene in mente in questi momenti di incertezza che purtroppo conosco troppo bene. E' come mi sento io.
E la provvidenza è sempre più sprovveduta e distratta...
E oggi il mio umore non è neppure dei peggiori...

guanabara ha detto...

Non è detto, forse nemmeno tanto probabile, ma è possibile che i grandi camboamenti siano repentini e inaspettati. Attenzione, cambiamento non è sinonimo di miglioramento, ma almeno ...