lunedì 16 novembre 2009

Francesco Piemontesi al Salone Estense di Varese

Programma forse un po’ troppo nutrito quello scelto dal giovane pianista svizzero, pupillo di Martha Argerich: Haydn, Schubert, Debussy e Schumann. L’impressione generale è stata quella di uno chef intenzionato a dimostrare di eccellere in ogni tipo di pietanza, col risultato che gli ingredienti sono finiti un po’ a casaccio in tutti i piatti.

Grande tecnica, indubbiamente, ma poca profondità. Approccio scolastico per Haydn (dove non abbiamo percepito alcuna avvisaglia Sturm und Drang). Nessuna sensibilità viennese per Schubert. Assenza di colori per i preludi di Debussy, affrontati con un impeto poco opportuno. La seconda parte del concerto, interamente dedicata a Schumann (Fantasia op.17 e Toccata op.7) si è lasciata fruire come la prova d’esame di un bravo allievo di conservatorio.

Per il momento, di Francesco Piemontesi (nato 26 anni fa a Locarno) mi sento di dire che è un bravo pianista. La musica, però, sappiamo benissimo che sta altrove.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ero presente al concerto di Piemontesi e permettimi caro amico o amica di avere una posizione ben diversa. Piemontesi non è come l'esercito di pianisti cinese e coreani che sfoggiano una tecnica perfetta ma con una vuotezza di contenuti. Piemontesi ha dato prova di essere un poeta del pianoforte conferendo ai brani dei colori che hanno suscitato, nella gran parte del pubblico, tante emozioni e applausi. Poi basta girare sul WEB per vedere chi è Piemontesi. Ti consiglio il sito www.concertonet.com dove troverai la recensione di Piemontesi del suo recital alla Carnegie Hall di New York (dunque non all'oratorio di Don Camillo e alla Casa del Popolo di Peppone) e vedrai definire Piemontesi "questo straordinario pianista). Che altro dire,una massima; "raglio d'asino non sale al cielo" (per fortuna).

exit ha detto...

Caro Anonimo, intanto grazie per aver espresso il tuo parere.
Il fatto che Piemontesi strappi applausi al pubblico varesino (che comunque ha dato prova di ben altri entusiasmi)o che goda dei favori di alcuni rappresentanti del gotha pianistico internazionale, non fa automaticamente di lui un artista. Tu parli di poesia del pianoforte ma bisogna intendersi sul concetto di poesia.

La mancanza di spessore che io lamento nell'interpretazione di Piemontesi è dovuta, a mio avviso, ad una totale assenza di urgenza espressiva, mascherata da una grande ambizione. Ho come l'impressione - ma è un'impressione, non necessariamente la verità - che Piemontesi sia stato sovrastimato. Mi fa pensare all'allievo modello che è sicuro di poter sfondare nella vita solo perché ha una bella pagella e si sente dire bravo dagli insegnanti.
Ho l'impressione che a questi giovani fenomeni del pianoforte, tra un aereo e una sala da concerto, manchi il tempo per vivere. E che cos'ha da dire un artista che non vive?
Domenica sera, comunque, chiacchierando con alcuni presenti in sala ho scoperto che la mia impressione era condivisa.
Naturalmente ci stiamo scambiando dei pareri e Piemontesi è molto giovane e chissà, fra qualche anno, magari, se si prenderà il tempo di vivere, avrà davvero qualcosa da dire.